Film di fantascienza del 1996 diretto da
Albert Pyun e interpretato da Rutger Hauer che, oltre a terrorizzare il mondo con i suoi occhi di ghiaccio,
accetta proprio qualsiasi ruolo gli venga proposto.
“E mai più la morte regnerà sovrana” iniza
a raccontare l'automa Omega Doom, nonché il suddetto Rutger Hauer. In un tempo ormai
lontano uomini e robot si affrontano
durante la Guerra Mondiale e in una scena ricca di pathos e suspance il robot
lotta con un soldato dell’altro esercito. Una pallottola arriva, la pallottola del Signore, dritta alla
testa di Omega Doom, gli distrugge la memoria e le direttive primarie si vanno
a fare benedire. Ed ecco ora l’illuminazione, qualcosa in lui cambia, abbraccia
il soldato nemico e insieme guardano un fungo atomico al tramonto. Piccolo
salto temporale e ci ritroviamo nell’età del buio, l’inverno atomico è alle
porte e i robot sopravvissuti passano il tempo ad ammazzarsi tra loro. Si
paventa però la vaga idea che qualche umano sia ancora in vita e che,
giustamente incarogniti, stiano arrivando con torce, forconi e armi super
tecnologiche a
fare fuori i robot, che hanno distrutto il mondo tutto. Dunque le macchine cercano un fantomatico
arsenale segreto, in modo da potersi difendere da un branco di campagnoli incazzati. Omega, moderno Pollicino,
arriva in un paesino tranquillo seguendo una scia di cadaveri, anche qui ROM
e androidi coesistono girandosi i
pollici e prendendo a calci teste, aspettando che uno dei due gruppi trovi le
armi. Naturalmente, lo straniero appena arrivato pensa bene di andare al bar a
farsi un paio di bicchierini d’acqua (proprio acqua non acquavite) per capire che aria gira in città e subito
ci prova con la barista, ma con discrezione, perché lui è un vero duro. Ma
Omega ha una missione, e non può stare lì a cincischiare, subito prende accordi
di qua e di là, millantando di avere scorte infinite di armi. Mentre I ROM
riflettono sul da farsi il nostro eroe ha anche il tempo di sistemare un
bulletto, fare amicizia con una testa e dedicarsi al doppio gioco. Dunque i ROM e gli androidi accettano
di seguire Omega al deposito di armi fantasma, anche se sospettano sia una trappola e tutti progettano di uccidere tutti. Ma al nostro missionario non gliela si fa comunque e,
schivando palle di fuoco come Keanu Reeves in Matrix, fa fuori il capo degli
androidi e una ROM a caso. Scoperto il trappolone, le ROM rimaste arrivano
volando e cappottano Omega con un sol colpo, mentre Blackheart (capo dei ROM)
ravana nella sua memoria, la barista, conquistata dal fascino irresistibile di
Rutger Hauer, e la testa decidono di aiutarlo. L’inserviente fa credere ai
robot di sapere dove sono nascoste le armi e li attira lontano, mentre la
testa aiuta Omega a tirarsi su.
Riuscirà il nostro eroe a compiere la sua
missione? Qual è poi questa missione? La testa troverà un corpo che lo
soddisfi? Armatevi di pazienza e di marshmallow e guardatelo perché il finale
spacca! Il discorso di chiusura di Omega Doom vi terrà incollati allo schermo nemmeno ci fosse la finale di curling del comune di Sorrento.
Se
altre volte mi sono lamentata della lentezza dei film, questa volta c’ho da
lamentarmi di più. La trama è risibile, tutto il tempo scorre nell’attesa di
non si sa bene cosa e nell’ascoltare lunghi dialoghi su quanto siano belli la
speranza e i ciliegi in fiore. Tutto il resto poi è vanità.
E proprio sorbendomi le dissertazioni di
Omega e dei suoi amichetti che sono arrivata alla conclusione che:
- nelle battaglie qualche megabyte lo si perde sempre;
- i robot sono scemi almeno quanto gli umani;
- la speranza è un boa di struzzo.
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