Film più di azione che di fantascienza del
1993, diretto da Stuart Gordon e interpretato da Christopher Lambert, che noi
tutti ricordiamo come fidanzato della Parietti.
Futuro, nemmeno troppo lontano, in cui la
crescita della popolazione è rigorosamente controllata, ogni donna può avere un
solo figlio, che a me sembra già abbastanza. Le lampade al plasma dominano il
mondo, possono qualsiasi cosa, sono scanner, sono luce di segnalazione e anche scaldino.
Il capitano Jhon Henry Brennik, cioè Lambert, viaggia con sua moglie Karen,
incinta per la seconda volta (suppongo). Stanno tentando la fuga in Messico,
che tanto il Messico è sempre la
salvezza in ogni tempo e per qualsiasi reato. Nemmeno a dirlo, al primo posto
di blocco vengono scoperti e insospettabilmente tentano la fuga a piedi.
Siccome però fumano 2 pacchetti di nazionali senza filtro al giorno, mentre il
cane lupo mangia sano e si allena tutti i giorni, Jhon arresta la sua corsa e
si fa mordicchiare le chiappe da Rex, sperando che così la
mugliera ce la
faccia a scappare. È l’alba di un nuovo giorno e il nostro eroe si trova
carcerato alla Fortezza, luogo di pena privato situato in mezzo ad un nulla
afoso, che così stiamo sicuri che i reclusi ci pensano due volte prima di
evadere. Un altoparlante accoglie i nuovi ospiti dicendo “il crimine non paga”
e continuerà a ripeterlo fino alla nausea. Basta il tempo della prima ispezione
anale, che già uno dei detenuti muore… un po’ troppo lentamente e urlando
decisamente più del dovuto. Finalmente Jhon arriva al suo braccio e trova ad
attenderlo un capannello di uomini barbuti e seminudi, a mio avviso molto
seducenti. Prima notte di carcere e primo sogno erotico del nostro Cap,
prontamente proiettato sullo schermo del direttore del carcere Poe. Il giorno
seguente il direttore convoca il nostro amico e gli dice che sua moglie è stata
catturata e si trova con lui nella Fortezza. Poiché in carcere il tempo proprio
non passa Lambert si fa subito un nemico grosso, puzzolente e cattivo con il
quale intraprende un’interminabile scazzottata con tanto di supplex e denti
sputati. Nel mentre Poe si rigira i pollici e medita su come fare sua la bella
Karen. Lega Jhon ad una ruota, lo fa turbinare turbinosamente per tre giorni
durante i quali c’ha le visioni mistiche, poppe, lanci di cappelli e sorrisi
languidi. Karen, per salvare il marito, indossa un caldo maglione di lana e va
a vivere con il sosia dei pooh (è la perfetta amalgama di tutti e quattro), che
non fa altro che guardare porno tutto il dì. Ancora scene noiosissime di lei
povera prigioniera che non fa altro che pensare all’amato ridotto in uno stato
comatoso. Nel frattempo però ha anche modo di scoprire che il direttore è un
rigenerato, oltre che un degenerato, ed è quello che accade anche a tutti i
bambini nati in carcere. Stanca della sua triste condizione, la donna decide di
passare all’azione. Ubriaca il direttore con due sorsi di prosecco e va a
guardarsi il marito sullo schermo (altra lunga e noiosa scena psichedelica).
Ormai marito e moglie sanno dell’esistenza l’uno dell’altra e uniscono le loro
forze per progettare la fuga. In tutto ciò, a nessuno gliene frega un caspio
del primogenito, che probabilmente è stato venduto agli zingari.
Le scene fantasmagoriche sono diverse, ad
un carcerato vengono spazzati via tutti gli organi interni con una schioppettata,
un altro brancola nel buio e cade e inciampa perché ha rotto gli occhiali, per
non parlare del finale pregno di pathos talmente tanto coinvolgente da riuscire
a dilatare il tempo.
Nonostante il film sia straziante anche in
questo caso qualcosa ho imparato:
- in carcere uno che si chiama Gomez lo trovi sicuro;
- se sei fortissimamente convinto di essere forte, gli altri non ci crederanno comunque;
- usare i bambini per impietosire il prossimo funziona sempre.
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