mercoledì 12 dicembre 2012

2013: La Fortezza



Film più di azione che di fantascienza del 1993, diretto da Stuart Gordon e interpretato da Christopher Lambert, che noi tutti ricordiamo come fidanzato della Parietti.

Futuro, nemmeno troppo lontano, in cui la crescita della popolazione è rigorosamente controllata, ogni donna può avere un solo figlio, che a me sembra già abbastanza. Le lampade al plasma dominano il mondo, possono qualsiasi cosa, sono scanner, sono luce di segnalazione e anche scaldino. Il capitano Jhon Henry Brennik, cioè Lambert, viaggia con sua moglie Karen, incinta per la seconda volta (suppongo). Stanno tentando la fuga in Messico, che tanto il Messico è  sempre la salvezza in ogni tempo e per qualsiasi reato. Nemmeno a dirlo, al primo posto di blocco vengono scoperti e insospettabilmente tentano la fuga a piedi. Siccome però fumano 2 pacchetti di nazionali senza filtro al giorno, mentre il cane lupo mangia sano e si allena tutti i giorni, Jhon arresta la sua corsa e si fa mordicchiare le chiappe da Rex, sperando che così la
mugliera ce la faccia a scappare. È l’alba di un nuovo giorno e il nostro eroe si trova carcerato alla Fortezza, luogo di pena privato situato in mezzo ad un nulla afoso, che così stiamo sicuri che i reclusi ci pensano due volte prima di evadere. Un altoparlante accoglie i nuovi ospiti dicendo “il crimine non paga” e continuerà a ripeterlo fino alla nausea. Basta il tempo della prima ispezione anale, che già uno dei detenuti muore… un po’ troppo lentamente e urlando decisamente più del dovuto. Finalmente Jhon arriva al suo braccio e trova ad attenderlo un capannello di uomini barbuti e seminudi, a mio avviso molto seducenti. Prima notte di carcere e primo sogno erotico del nostro Cap, prontamente proiettato sullo schermo del direttore del carcere Poe. Il giorno seguente il direttore convoca il nostro amico e gli dice che sua moglie è stata catturata e si trova con lui nella Fortezza. Poiché in carcere il tempo proprio non passa Lambert si fa subito un nemico grosso, puzzolente e cattivo con il quale intraprende un’interminabile scazzottata con tanto di supplex e denti sputati. Nel mentre Poe si rigira i pollici e medita su come fare sua la bella Karen. Lega Jhon ad una ruota, lo fa turbinare turbinosamente per tre giorni durante i quali c’ha le visioni mistiche, poppe, lanci di cappelli e sorrisi languidi. Karen, per salvare il marito, indossa un caldo maglione di lana e va a vivere con il sosia dei pooh (è la perfetta amalgama di tutti e quattro), che non fa altro che guardare porno tutto il dì. Ancora scene noiosissime di lei povera prigioniera che non fa altro che pensare all’amato ridotto in uno stato comatoso. Nel frattempo però ha anche modo di scoprire che il direttore è un rigenerato, oltre che un degenerato, ed è quello che accade anche a tutti i bambini nati in carcere. Stanca della sua triste condizione, la donna decide di passare all’azione. Ubriaca il direttore con due sorsi di prosecco e va a guardarsi il marito sullo schermo (altra lunga e noiosa scena psichedelica). Ormai marito e moglie sanno dell’esistenza l’uno dell’altra e uniscono le loro forze per progettare la fuga. In tutto ciò, a nessuno gliene frega un caspio del primogenito, che probabilmente è stato venduto agli zingari.

Le scene fantasmagoriche sono diverse, ad un carcerato vengono spazzati via tutti gli organi interni con una schioppettata, un altro brancola nel buio e cade e inciampa perché ha rotto gli occhiali, per non parlare del finale pregno di pathos talmente tanto coinvolgente da riuscire a dilatare il tempo.

Nonostante il film sia straziante anche in questo caso qualcosa ho imparato:
  •   in carcere uno che si chiama Gomez lo trovi sicuro;
  • se sei fortissimamente convinto di essere forte, gli altri non ci crederanno comunque;
  • usare i bambini per impietosire il prossimo funziona sempre.

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