L'agente immobiliare Renfield arriva in Transilvania per concludere un affare con Dracula. Il giovane diventa schiavo del conte che se ne serve per arrivare fino a Londra. Stabilitosi nell'antica magione di Carfax Abbey, Dracula rivolge la sua attenzione verso Mina Seward, figlia del Dr. Seward. Preoccupato per le precarie condizioni di salute dell'amata figlia, il medico si rivolge al Professor Van Helsing che immediatamente comprende la causa del malessere della ragazza.
Prima trasposizione cinematografica ufficiale del romanzo di Bram Stoker, che non manca di allontanarsi dall'opera in diversi punti costruendo personaggi e intrecci del tutto nuovi e che dà vita ad una sobria eleganza presa poi a modello da molti dei registi che in seguito hanno voluto dirigere una loro versione del mito. Protagonista è Bela Lugosi, sconosciuto al pubblico cinematografico, che decide di trasformare totalmente l'aspetto del vampiro, rendendolo algido e affascinante, certo del suo
diritto di dominare il mondo, vicino alle regole estetiche del cinema anni '30 e lontano dall'idea di vampiro vecchio e deforme. La figura del conte si carica di ambiguità, non più mostruoso nell'aspetto si riconferma però tale negli atti. Magnifica anche l'interpretazione di Dwight Frye che veste i panni di Renfield, anch'egli indefinibile nel tentativo di seguire le orme del suo padrone nonostante riesca a cibarsi solo di ragni e topi. La fotografia di Carl Freund, influenzata dall'espressionismo tedesco, manipola luci e ombre facendo in modo che squarcino i volti rendendoli orribili e misteriosi. Il film, pur guardando al teatro, rimane legato alla tradizione del cinema muto, Browning utilizza infatti lunghe inquadrature con pochi stacchi e si serve di enormi spazi silenziosi nei quali è solo la figura del vampiro a dominare, statuaria nel buio della notte. L'assenza di scene gore racconta il vampirismo come un progetto diabolico che si evolve e si allarga pur non essendo mai esplicitamente visibile nella sua atrocità, rimanendo di fatto esente da giudizi morali. Ad ogni modo la mancanza di sangue e canini sfoderati non impedisce alla pellicola di risultare cupa ed inquietante, incorniciata in ambientazioni gotiche inarrivabili per fascino evocativo.
diritto di dominare il mondo, vicino alle regole estetiche del cinema anni '30 e lontano dall'idea di vampiro vecchio e deforme. La figura del conte si carica di ambiguità, non più mostruoso nell'aspetto si riconferma però tale negli atti. Magnifica anche l'interpretazione di Dwight Frye che veste i panni di Renfield, anch'egli indefinibile nel tentativo di seguire le orme del suo padrone nonostante riesca a cibarsi solo di ragni e topi. La fotografia di Carl Freund, influenzata dall'espressionismo tedesco, manipola luci e ombre facendo in modo che squarcino i volti rendendoli orribili e misteriosi. Il film, pur guardando al teatro, rimane legato alla tradizione del cinema muto, Browning utilizza infatti lunghe inquadrature con pochi stacchi e si serve di enormi spazi silenziosi nei quali è solo la figura del vampiro a dominare, statuaria nel buio della notte. L'assenza di scene gore racconta il vampirismo come un progetto diabolico che si evolve e si allarga pur non essendo mai esplicitamente visibile nella sua atrocità, rimanendo di fatto esente da giudizi morali. Ad ogni modo la mancanza di sangue e canini sfoderati non impedisce alla pellicola di risultare cupa ed inquietante, incorniciata in ambientazioni gotiche inarrivabili per fascino evocativo.
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