Signori, questo film è il trionfo dello schifo, l’esaltazione del
ribrezzo, la glorificazione dell’indecenza. Sto parlando di Pulgasari, film la cui magnifica sceneggiatura mette in
ombra persino gli scritti di Omero. Azione, tinte forti, amore, suspance, il
tutto concentrato in 95 minuti di trama al cardiopalma.
Questo capolavoro risale al lontano 1985 e trova la sua sublimazione
grazie alla visione artistica di due assi della regia, Shin Sang-ok e Chong
Gon. Kim Jong-il fece rapire Shin Sang-ok dall’intelligence con lo
scopo di costringere il regista a girare un film di propaganda per il governo
Nord Coreano. Ed è stato dunque proprio Kim Jong-il a produrre Pulgasari e
tutti gli altri film che il regista ha realizzato prima di poter finalmente lasciare il
paese (scappando a gambe levate).
In un delizioso villaggio nord coreano la vita scorre serena, la dolce
Ami prende l’acqua al pozzo mentre suo padre, il fabbro Takuse e altri gagliardi
giovani battono con vigore i pesanti attrezzi sul ferro freddo (io la fornace
mica l’ho vista). Ami scambia languidi sguardi d’amore con il locale Renato
Zero, ma ecco che fosca e prepotente arriva la perturbazione. Takuse scorge un
qualcosa nascosto tra le fronde che stanno a due centimetri da lui. Sono armi. Sono
le armi che Inde (Renato Zero) e i suoi baldi seguaci utilizzano per combattere
l’esercito del disumano Governatore. Inde non può più negare, spiega al
vecchio Takuse che è suo dovere morale seguire la strada della lotta. Il fabbro
scuote il capo e accetta, a malincuore, la scelta di vita del disgraziato
ragazzo. Il tempo di fare outing che già Inde fa fagotto per cominciare il suo
addestramento da soldato sui monti con tanto di nevi perenni. Ma la partenza è
interrotta da un’altra perturbazione. Il Governatore, forte del suo mitria da
papa nero, giunge al villaggio e commissiona, con alterigia e tracotanza, al
vecchio fabbro nuove armi per i suoi soldati. I contadini del villaggio
dovranno cedere i propri attrezzi agricoli, pentole e pitali di ferro, perché
si forgino le nuove spade. Urla e strepiti, le contadine sono giustamente devote
ai propri vasi da notte e non ne vogliono sapere di cederli. Sicché Inde,
indignato perché gli stanno portando via la scodella per il brodo, inizia a menar
le mani, e mentre viene arrestato lancia un potentissimo sguardo di odio verso
la cinepresa. Sgomento. Takuse è un uomo di buon cuore, dunque appena il
Governatore va via, invita i suoi concittadini a riprendere ciò che appartiene
loro e ordina loro di nascondere tutto sui monti. Il Governatore ritorna a
rendere conto delle sue nuove armi e il fabbro si giustifica dicendo che
Pulgasari ha mangiato tutto il ferro. Al governante però non gliela si fa,
Takuse rimarrà imprigionato senza cibo né acqua, fin quando non uscirà fuori il
ferro confiscato. Rimasto solo con se stesso il vecchio realizza quanto sia
misera e sventurata la sua esistenza, dunque chiede pietà agli dei, e come
ultimo, disperato gesto, crea dalle sue stesse feci una statuina raffigurante
Pulgasari. Immediatamente dopo casca fulminato a terra. Una folla inconsolabile
partecipa al suo funerale, nemmeno fosse Little Tony. Ami stringe nelle mani la
statua di sterco realizzata dal padre e la bagna accidentalmente con il suo
puro sangue di vergine. Il minuscolo gatto maiale culone prende vita e inizia a
mangiare aghi. Grazie all’energetica dieta a base di ferro la bestia cresce in
fretta e diventa ogni giorno visibilmente più grande. In tutto ciò il nostro
brunito eroe Inde sta per essere decapitato, ma proprio mentre il boia si
gingilla con la sua sciabola, arriva Pulgasari, che prima assaggia l’arma brandita dallo spietato esecutore e poi lo attacca alla gola. Grazie al diversivo Inde si fa
uccel di bosco. Il re, impermalito dalla piccola vittoria dei contadini, decide
di organizzare più efficientemente il suo esercito e ne affida il comando alla
versione coreana di re Robert. Susseguirsi disordinato di battaglie tra la plebe
e i militari del re. I contadini vincono ogni singolo conflitto, hanno dalla
loro Pulgasari, sempre più grosso, sempre più cattivo, sempre più culone. Nulla sembra poter fermare l’enorme mostro e
dunque la conquista della libertà da parte dei bifolchi. Sarà l’ultimo scontro
a decretare la vittoria degli uni o degli altri. Il generale alla guida dell’esercito
del re ha però in serbo infidi imbrogli. Riusciranno i villici ad avere la
meglio? Pulgasari si prodigherà in loro vantaggio?
Mi imbarazza cercare di fare un’analisi di questo film, perché talmente
brutto da lasciare senza parole, le ideologie, i sentimenti umani più profondi si
reinventano e trovano nuova forza e una inimmaginabile intensità espressiva. Le
scene sono quasi tutte talmente melodrammatiche da far fare a Mario Merola la
figura del dilettante e non mancano ironia e tenerezza. La riuscita degli
effetti speciali è discreta nonostante la pochezza di mezzi, il bestione se inquadrato
in primo piano sembra un dolce orsetto del cuore incrostato, ovviamente la resa
migliora quando vengono utilizzati campi lunghi. C’è comunque da dire che in realtà
la tuta di Pulgasari è altrettanto buona quanto quella di Godzilla del 1985. Le
scene di battaglia invece le ho trovate scabrose, c’è però da dire che l’utilizzo
della computer grafica è stato reso difficile dall’ambientazione. Epica infine la
scena della santona che indossa il vestito di carnevale da Cenerentola del
figlio di Kim Jong-il. Trovo inutile dilungarmi sul messaggio politico che
questa pellicola voleva trasmettere per due ragioni. La prima è che in realtà
il film non ha avuto un forte impatto sulla popolazione nord coreana e anzi
addirittura credo non sia stato distribuito nel paese. La seconda è che sono terribilmente superficiale.
Il film è interamente disponibile su youtube
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