venerdì 14 giugno 2013

Pulgasari


Signori, questo film è il trionfo dello schifo, l’esaltazione del ribrezzo, la glorificazione dell’indecenza. Sto parlando di Pulgasari, film la cui magnifica sceneggiatura mette in ombra persino gli scritti di Omero. Azione, tinte forti, amore, suspance, il tutto concentrato in 95 minuti di trama al cardiopalma.

Questo capolavoro risale al lontano 1985 e trova la sua sublimazione grazie alla visione artistica di due assi della regia, Shin Sang-ok e Chong Gon. Kim Jong-il fece rapire Shin Sang-ok dall’intelligence con lo scopo di costringere il regista a girare un film di propaganda per il governo Nord Coreano. Ed è stato dunque proprio Kim Jong-il a produrre Pulgasari e tutti gli altri film che il regista ha realizzato prima di poter finalmente lasciare il paese (scappando a gambe levate).


In un delizioso villaggio nord coreano la vita scorre serena, la dolce Ami prende l’acqua al pozzo mentre suo padre, il fabbro Takuse e altri gagliardi giovani battono con vigore i pesanti attrezzi sul ferro freddo (io la fornace mica l’ho vista). Ami scambia languidi sguardi d’amore con il locale Renato Zero, ma ecco che fosca e prepotente arriva la perturbazione. Takuse scorge un qualcosa nascosto tra le fronde che stanno a due centimetri da lui. Sono armi. Sono le armi che Inde (Renato Zero) e i suoi baldi seguaci utilizzano per combattere l’esercito del disumano Governatore. Inde non può più negare, spiega al vecchio Takuse che è suo dovere morale seguire la strada della lotta. Il fabbro scuote il capo e accetta, a malincuore, la scelta di vita del disgraziato ragazzo. Il tempo di fare outing che già Inde fa fagotto per cominciare il suo addestramento da soldato sui monti con tanto di nevi perenni. Ma la partenza è interrotta da un’altra perturbazione. Il Governatore, forte del suo mitria da papa nero, giunge al villaggio e commissiona, con alterigia e tracotanza, al vecchio fabbro nuove armi per i suoi soldati. I contadini del villaggio dovranno cedere i propri attrezzi agricoli, pentole e pitali di ferro, perché si forgino le nuove spade. Urla e strepiti, le contadine sono giustamente devote ai propri vasi da notte e non ne vogliono sapere di cederli. Sicché Inde, indignato perché gli stanno portando via la scodella per il brodo, inizia a menar le mani, e mentre viene arrestato lancia un potentissimo sguardo di odio verso la cinepresa. Sgomento. Takuse è un uomo di buon cuore, dunque appena il Governatore va via, invita i suoi concittadini a riprendere ciò che appartiene loro e ordina loro di nascondere tutto sui monti. Il Governatore ritorna a rendere conto delle sue nuove armi e il fabbro si giustifica dicendo che Pulgasari ha mangiato tutto il ferro. Al governante però non gliela si fa, Takuse rimarrà imprigionato senza cibo né acqua, fin quando non uscirà fuori il ferro confiscato. Rimasto solo con se stesso il vecchio realizza quanto sia misera e sventurata la sua esistenza, dunque chiede pietà agli dei, e come ultimo, disperato gesto, crea dalle sue stesse feci una statuina raffigurante Pulgasari. Immediatamente dopo casca fulminato a terra. Una folla inconsolabile partecipa al suo funerale, nemmeno fosse Little Tony. Ami stringe nelle mani la statua di sterco realizzata dal padre e la bagna accidentalmente con il suo puro sangue di vergine. Il minuscolo gatto maiale culone prende vita e inizia a mangiare aghi. Grazie all’energetica dieta a base di ferro la bestia cresce in fretta e diventa ogni giorno visibilmente più grande. In tutto ciò il nostro brunito eroe Inde sta per essere decapitato, ma proprio mentre il boia si gingilla con la sua sciabola, arriva Pulgasari, che prima assaggia l’arma brandita dallo spietato esecutore e poi lo attacca alla gola. Grazie al diversivo Inde si fa uccel di bosco. Il re, impermalito dalla piccola vittoria dei contadini, decide di organizzare più efficientemente il suo esercito e ne affida il comando alla versione coreana di re Robert. Susseguirsi disordinato di battaglie tra la plebe e i militari del re. I contadini vincono ogni singolo conflitto, hanno dalla loro Pulgasari, sempre più grosso, sempre più cattivo, sempre più culone.  Nulla sembra poter fermare l’enorme mostro e dunque la conquista della libertà da parte dei bifolchi. Sarà l’ultimo scontro a decretare la vittoria degli uni o degli altri. Il generale alla guida dell’esercito del re ha però in serbo infidi imbrogli. Riusciranno i villici ad avere la meglio? Pulgasari si prodigherà in loro vantaggio?

Mi imbarazza cercare di fare un’analisi di questo film, perché talmente brutto da lasciare senza parole, le ideologie, i sentimenti umani più profondi si reinventano e trovano nuova forza e una inimmaginabile intensità espressiva. Le scene sono quasi tutte talmente melodrammatiche da far fare a Mario Merola la figura del dilettante e non mancano ironia e tenerezza. La riuscita degli effetti speciali è discreta nonostante la pochezza di mezzi, il bestione se inquadrato in primo piano sembra un dolce orsetto del cuore incrostato, ovviamente la resa migliora quando vengono utilizzati campi lunghi. C’è comunque da dire che in realtà la tuta di Pulgasari è altrettanto buona quanto quella di Godzilla del 1985. Le scene di battaglia invece le ho trovate scabrose, c’è però da dire che l’utilizzo della computer grafica è stato reso difficile dall’ambientazione. Epica infine la scena della santona che indossa il vestito di carnevale da Cenerentola del figlio di Kim Jong-il. Trovo inutile dilungarmi sul messaggio politico che questa pellicola voleva trasmettere per due ragioni. La prima è che in realtà il film non ha avuto un forte impatto sulla popolazione nord coreana e anzi addirittura credo non sia stato distribuito nel paese. La seconda è che sono terribilmente superficiale. 


Il film è interamente disponibile su youtube


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