giovedì 18 luglio 2013

The Barbarians


A sei anni da Conan il barbaro, Ruggero Deodato, che vanta l’amorevole nomignolo di Monsieur Cannibal, partorisce questo indefinibile capolavoro del trash prodotto da Menahem Golan e Yoram Globus. Quelli più preparati di me parlano di fantasy. Protagonisti sono gli steroidei gemelli Paul che grazie alla loro inarrivabile interpretazione furono nominati al Golden Raspberry Award nella sezione Worst New Star e, con la baldanza derivatagli dai fumi del grasso di balena di cui era cosparso il loro corpo, con merito salirono sul palco a ritirare l’ambito premio.

In un mondo di selvaggio splendore ormai lontano nel tempo vivono i Ragnicks, tribù nomade di artisti i cui re sperperarono montagne di oro pur di ottenere un solo, splendente rubino. Badate bene che non si tratta di una pietra qualsiasi, bensì di un
prezioso che racchiude in sé il segreto della musica, della bontà e della gioia. Il rubino fa sì che i suoi fortunati detentori siano ben accetti ovunque decidano di recarsi, perché portano con sé cortesia, convenienza e ampio parcheggio. Protettrice della pietra è la regina Canary che ha altresì l’abitudine di raccattare orfani lungo il cammino, tra questi gli irrequieti gemelli Kutcheck e Gore. Non a tutti però piace la giovialità, il terribile tiranno Kadar (nientemeno che Richard Lynch) si lancia all’attacco della carovana dei Ragnicks e rapisce la regina, che un attimo prima affida il rubino a un vecchio macilento, e cattura i due giovani fratelli costringendoli in schiavitù. Il destino ha in serbo ben più apprezzabili disegni per i due ragazzi, che nel mentre sono venuti su vigorosi e gonfi. Sfuggiti all’oppressione di Kadar sarà loro compito recuperare il rubino e salvare la regina.


 The Barbarians, girato in gran parte nel meraviglioso scenario di Campo Imperatore, è un film delirante che fin da subito annega nella demenzialità mostrando l’insensato desiderio di un signore della guerra di recuperare un rubino protettore delle arti, la zoppicante difesa dei giocolieri a suon di sputi e lancio di miniciccioli e infine l’incedere scimmiesco di Peter e David Paul. A rimarcare l’ottusità e le inesistenti doti dei due “attori” statunitensi arrivano i dialoghi sconclusionati che sono costretti a recitare, che poi è già di per se stupefacente che riescano ad articolare. E se credete di non poter permettervi di insultarli a causa della loro prestanza fisica (immagino ormai in rovinoso declino), sappiate che i due erano talmente fragili che dopo questo film nessuno fu più disposto ad assicurarli, ragione per cui scelsero di dedicarsi alla commedia. Deodato si diverte e gioca con tutti gli stilemi del genere portandoli al parossismo, regalandoci così scene che nessun’altro sarebbe stato in grado di concepire, fra tutte quella commovente in cui uno dei gemelli divelle un cappio semplicemente gonfiando il collo taurino. E se questo non fosse ancora sufficiente a decidere di abbandonare tutte le buone intenzioni di portare a compimento un film dignitoso, arrivano i mostri, talmente mal fatti che tocca stropicciarsi gli occhi più volte per convincersi che, si, l’orrenda tragedia di sta compiendo sotto il nostro sguardo. Deodato è bravo nel suo mestiere e lotta per realizzare un prodotto artisticamente apprezzabile, ma è costretto a mollare il colpo ferito da una trama ridicola e da un cast di cani. Tutto sommato qualcosa di buono tra le mani gli resta, le scenografie, i costumi e persino un inatteso umorismo. The Barbarians è un prodotto orrendamente sublime, di cui non si può dire male perché pervaso da una buona fede di fondo, da una dignità registica e da una accuratezza artigianale ormai persa che non possono non suscitare tenerezza e persino un po’ di ammirazione. 


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