Avevamo lasciato la prigione in fiamme, i sopravvissuti dispersi e il Governatore morto. Ritroviamo il dramma, i dibattiti filosofici, la ricerca del senso della vita, ma soprattutto personaggi incoerenti e irriconoscibili, farfugliamenti e noia. Questo è After, puntata che riapre la quarta stagione di The Walking Dead.
Ogni episodio, delle ultime due stagioni, è potenzialmente deludente, si sa. E quindi perché continuare a guardarlo? Perché ogni tanto ci regalano delle gran belle scene di morte e pathos, morte e amore, morte e morte e perché The Walking Dead ha in sé un notevole potenziale, che molto spesso viene sfruttato malamente.
Quando decidono di buttare tutto alle ortiche, nella migliore delle ipotesi ne viene fuori un episodio noioso e con una trama inesistente, nella peggiore invece tutto è incoerente e terribilmente mal scritto. Per contro, quando ci si impegnano e riescono a fare un buon lavoro, la serie prende una piega straziante, devastante e magnifica.
In questa puntata ci dicono che tutto quanto fatto fin'ora è stato inutile, come se non bastasse, Carl diventa adolescente e per questo è accompagnato da una crescente mancanza di cerbero, Rick è colto da paralisi talamica dalla quale si riha solo per fare il mea culpa e Michonne è lacerata fra la sofferenza per aver perso tutti i suoi cari e la voglia di continuare a lottare.
After è l'episodio del riposo. Non accade nulla e i dialoghi sono scarsi. Carl e Rick si stabiliscono in una casa abbandonata e subito lo sceriffo inizia a rimbrottare il bimbominkia su quello che può e quello che non può fare, perché il padre in fondo al cuore sa di aver generato uno scemo. Ad un certo punto però Rick muore un po' e quindi Carl è libero di rischiare la vita tre, quattro volte nel giro di mezz'ora e di sprecare la manciata di proiettili rimastigli. Ritornato a casa, crede che suo padre si stia trasformando in uno zombie, quindi scoppia in un pianto liberatore ricolmo di speranze infrante.