Pochi giorni fa, all'età di 96 anni, moriva Jack Vance uno dei più grandi scrittori del nostro secolo, nominato nel 1997 Gran Maestro della fantascienza.
Ci mancherà la sua prosa attenta ai dettagli e risonante di suoni e profumi, il suo linguaggio ambizioso e a volte fosco, i suoi paesaggi alieni bizzarri.
La sua bibliografia è immensa, ha pubblicato 60 libri, di cui 11 romanzi gialli, tra questi The Man In The Cage gli ha permesso di vincere l'Edgar Allan Poe Awards nel 1961. Tra i primi a dedicarsi alla scrittura di avventure planetarie, insieme ad Edgar Rice Burroghs, Leigh Brackett ed Edmond Hamilton ha contribuito a creare il linguaggio del genere fantascientifico e il suo romanzo Big Planet ne è uno dei migliori esempi.
Inoltre Vance ha segnato fortemente la scrittura di molti altri autori, la sua creazione letteraria ha influenzato fortemente scrittori del calibro di Ursula K. Le Guin, Michael Moorcock, George RR Martin e Gene Wolfe.
Nato a San Francisco il 28 agosto del 1916 è stato allevato dal nonno materno in un ranch della California. Nel 1937, dopo una serie di lavoretti poco redditizi, si iscrive all'università di Berkeley dove studia fisica, giornalismo e inglese. Nel 1941, annoiato dalla vita accademica, decide di lavorare come elettricista a Pearl Harbor e lascia le Hawaii appena un mese prima dell'attacco giapponese. Entra poi nella marina commerciale e inizia a scrivere storie poi andate in pubblicazione mentre è per mare. Nel 1945 viene pubblicato The World Thinker, suo primo racconto.
In seguito vince il premio Hugo nel 1963 con The Dragon Masters e nel 1967 con The Last Castle. Tra i suoi prima lavori c'è Terra Morente di genere fantasy, tra gli anni '60 e gli anni '70 scrive i cicli di Tschai, di Alastor, di Durdane e dei Principi Demoni. Ritorna ancora una volta al fantasy nel 1984 con Lyonesse e vince il World Fantasy Award. Quando scrive Ports of Call-Lurulu è ormai cieco, ma riesce a completare anche la sua autobiografia This is Me, Jack Vance! vincitrice del premio Hugo del 2010.
Vance ha sempre affermato di non essere affatto interessato all'arte della scrittura, ma di scrivere solo per fare soldi. Presentarsi come un umile artigiano delle parole e dichiarare che la propria scrittura è commerciale non è cosa da tutti, a maggior ragione per gli scrittori della sua generazione.
Piangiamo dunque un autore staordinario, che ci ha regalato viaggi e avventure indimenticabili.
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