Klaus Kinski nasce a Sopot nel 1926 sceneggiatore, attore e uomo dai sentimenti tagliati con l'accetta. Cinico, iracondo, anticonformista e probabilmente affetto da sindrome di Tourette, dato che riservava spesso dolci parole ai critici, al pubblico e ai registi con cui lavorava. Folle. Ha spinto la sua cattiveria fino al sublime.
L'avventura nel cinema comincia quando nel 1955 ottiene un ruolo minore in All'est si muore, film di guerra diretto da Benedek. Ha inizio quindi la sua carriera da caratterista, la fisionomia sinistra che lo contraddistingue è obbligatoriamente un lascia passare per i ruoli da cattivo, luciferini e violenti o per quelli fortemente ambigui, tanto che interpreta il Marchese De Sade in Justine di Jesus Franco. La parte del sadico marchese è particolarmente affine al suo carattere, infatti egli stesso dichiara nella sua autobiografia di aver avuto diversi incontri galanti con la sorella, attrici e maestranze varie, scolarette, prostitute e persino ufficiali dell'esercito israeliano.
Nel 1965 partecipa, anche questa volta con un ruolo di contorno, a Per qualche dollaro in più. Negli anni successivi lavora a numerosi spaghetti western, spesso di serie B in cui ovviamente interpreta il ruolo del cattivo. In realtà Kinski, soprattutto nei primi anni della sua carriera, è poco interessato a fare film di qualità, più importante per lui è la paga, diventa quindi una prostituta della settima arte; in seguito però è protagonista ne Il grande silenzio di Corbucci. Capolavoro del western italiano, in cui il regista sconvolge le consuetudini del genere. Io non stringo la mano a uno sporco ebreo come te, perché sono tedesco e gli ebrei mi fanno schifo. E' così, amorevolmente, che Kinski si presenta a Frank Wolff. L'attore tedesco in seguito ritratta la sua dichiarazione di guerra asserendo che la frase era solo un artificio attoriale per rendere autentica l'antipatia tra i rispettivi personaggi, il bounty killer Tigrero e lo sceriffo Snow Hill, anche se probabilmente a far cambiare idea al furioso Kinski è stata una cinquina stampatagli in faccia dallo stesso Wolff durante la ripresa di una scazzottata.
Nel 1969 recita in E Dio disse a Caino di Margheriti, stupendo western dai tratti gotici, che prende un prestito più di un elemento del cinema horror, genere che ovviamente il regista conosce bene. Sembra inoltre che il film abbia ispirato Clint Eastwood durante la scrittura dell'eccezionale Gli spietati. Kinski per la prima volta si misura con un personaggio buono, ma poi non così tanto, dato che, assetato di vendetta, se ne va in giro a sterminare gente senza mostrare un minimo di esitazione o di pietà. Kinski trova finalmente pane per i suoi denti con Margheriti, pare infatti che al primo tentativo di rissa, con conseguente scontata minaccia di abbandonare il set, il regista si sia incollerito al punto da tirargli addosso alcuni fucili di scena, con l'immediato effetto di rendere Kinski docile come un cucciolo di labrador. Il figlio del regista ha in seguito dichiarato: Klaus era un animale da cinema e probabilmente voleva sentirsi dominato dalla persona preposta a dirigerlo. Credo che Antonio Margheriti e Werner Herzog furono i soli due registi a creare un rapporto di superiorità, e conseguentemente di collaborazione e stima, con Klaus Kinski. Dagli anni '70 comincia infatti la collaborazione con Werner Herzog, che lo sceglie come protagonista per Aguirre, furore di Dio, Woyzeck, Nosferatu, principe della notte, Fitzcarraldo e Cobra Verde.
In Aguirre, furore di Dio Kinski è l'espressione dell'incubo ipnotico di Herzog, la sua interpretazione è demoniaca, e annichilisce completamente lo spettatore. Ed è soprattutto in questo film che Kinski dà via libera alla propria follia, minacciando la sopravvivenza del progetto e della troupe. Kinski, nell'ordine, spara sui tecnici e solo per puro caso non ferisce nessuno, prende a sciabolate le comparse provocando una grave ferita alla testa ad una di esse, minaccia, al solito, più volte di abbandonare le riprese. La presenza violenta di Kinski esaspera talmente la tribù nativa che questi dicono ad Herzog di essere ben disposti ad ucciderlo in caso di bisogno. Il regista però, preso da un moto di compassione, decide di non accettare l'appetitosa offerta.
Nel 1979 è Nosferatu, ancora una volta diretto da Herzog. Il Dracula di Kinski è infelice intriso di una malinconia che non lascia scampo allo spettatore. Ferino, crudele, capace di scatti violenti e statico. Per la prima volta Dracula ha un animo complesso, lacerato tra la lotta per la sopravvivenza e il desiderio di una pace eterna.
Nel 1989 è regista e attore in Kinski Paganini, film dedicato al celebre violinista ma con un chiaro intento autobiografico. La pellicola è un susseguirsi di immagini caotiche con un Paganini più preso dal piacere della carne che da quello della musica, le scene sono allungate fino all'esasperazione, è il tripudio dell'auto celebrazione fine a se stessa. Insomma non propriamente un capolavoro della cinematografia tanto che lo stesso Herzog ha avuto parole poco lusinghiere a riguardo: Kinski mi ha dato il suo copione, un tomo di seicento pagine; vorrebbe che io facessi la regia del film. E' bastata una prima occhiata al libro per capire che il progetto di Kinski è assolutamente insanabile. Su seicento pagine, ogni mezza si scopa e si suona il violino, si suona il violino e si scopa di nuovo, il tutto pervaso da quell'unica ossessione egocentrica di Kinski. Che se lo faccia da solo.
Dopo questo film Kinski si ritira in California, dove rimane fino alla sua morte nel 1991. In quarant'anni di carriera l'attore ha lasciato di sé un'immagine sinistra, torbida, da squilibrato, interpretando personaggi abbietti, recitando in oltre centocinquanta film, incurante del valore artistico dell'opera. Ha fatto della sua malvagità un'ispirazione, dunque pur recitando non si è mai nascosto dietro nessuna maschera. Uomo dalla moralità discutibile, ma in grado di affascinare come pochissimi altri.
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